04 Dic A bombardamenti fermi, bisogna curare i feriti e dare cibo e acqua al Tigray
Comunicato Stampa Amici di Adwa del 4 dicembre
Dal 4 novembre scorso, quando il Primo Ministro etiope Abyi Ahmed ha dato inizio ad un’azione militare in Tigray contro le forze del partito locale al potere, il TPLF, ad oggi il conflitto in Etiopia continua a non comparire nei telegiornali né sull’agenda italiana di politica estera.
La presenza di numerosi italiani e stranieri in una regione totalmente isolata dal punto di vista delle telecomunicazioni e della copertura giornalistica, della libertà di movimento, dell’accesso agli aiuti umanitari né al sistema bancario, diventa ogni giorno più preoccupante.
L’Associazione Amici di Adwa, che sostiene nella missione salesiana Kidane Mehret dal 1998 i progetti di aiuto ai bambini, di educazione, di assistenza sanitaria ed alimentare, vuole richiamare l’attenzione alla crisi umanitaria in atto.
Suor Laura Girotto, la fondatrice della missione di Adwa, segue con grande attenzione dall’Italia le poche notizie che trapelano ed è in contatto costante con l’ambasciata. È rimasta bloccata a Roma prima per la pandemia poi in attesa di un intervento ortopedico.
Da questa parte del mondo ogni appello alla pace era sembrato cadere nel vuoto: non hanno sortito effetto nemmeno le esortazioni dell’ONU, del Papa, dell’Unione Europea, degli Stati Uniti, dell’Unione Africana, che proprio ad Addis Abeba ha la sua sede. La risposta del premier etiope era stata «Esortiamo rispettosamente la comunità internazionale ad astenersi da qualsiasi atto di interferenza sgradito e illegale e a rispettare i principi fondamentali di non intervento contenuti nel diritto internazionale». Sulla base di questo ha impedito finora qualsiasi intervento esterno nella regione, dove oltre alla popolazione stremata dalla crisi e dalla guerra, sono presenti 100.000 profughi eritrei.
Rappresentanti della Croce Rossa Internazionale hanno avuto accesso all’ospedale di Mekelle per la prima volta il 29 novembre ed hanno constatato gravissime carenze di qualsiasi dispositivo medico e medicinale di prima necessità, rendendo difficoltoso prestare soccorso ai molti feriti ricoverati.
L’Alto Commissario per i Rifugiati ONU Filippo Grandi, in visita agli oltre 40.000 profughi etiopi in Sudan, ha portato aiuti di prima necessità ma attende l’apertura di corridoi umanitari neutrali per raggiungere i campi gestiti in Tigray. L’accordo tra le agenzie ONU ed il governo federale è stato raggiunto solo il 3 dicembre e non ancora concretizzato.
Si è appreso dalle dichiarazioni del presidente Abyi Ahmed che l’operazione militare si è conclusa sabato 28 novembre con la conquista della capitale del Tigray, Mekelle. Ma il capo del Fronte Popolare per la Liberazione del Tigray non riconosce la sconfitta e dichiara che continuerà a combattere (rif. intervista all’Associated Press).
Si hanno inoltre notizie di recenti lanci di missili del TPLF verso l’Eritrea, a dimostrazione che la crisi è ancora in atto. Sul territorio tigrino orientale, la principale minaccia per l’incolumità della popolazione civile e dei cooperanti e missionari si sono rivelate le milizie eritree. Questa presenza non ufficiale, fuori dal diretto controllo delle forze governative etiopi, pare si sia appropriata di beni di prima necessità requisendoli alla popolazione ed alle strutture del territorio. Per non parlare dei rischi di rappresaglia o violenza di singoli miliziani. Tutto il lavoro portato avanti da numerosi attori internazionali per offrire formazione, lavoro, assistenza sanitaria ad una popolazione segnata ciclicamente da guerre e carestie (dalle ONG alle missioni di Madre Teresa, dalle aziende tessili Calzedonia ad Almeda, dalle scuole agli ospedali) rischia di venire compromesso.
Per questo suor Laura e l’Associazione invocano aiuto ed intervento:
“Proteggiamo le cinque missionarie salesiane, le due del Cottolengo, i cinque collaboratori italiani e i numerosi sanitari cubani e kenioti che sono coraggiosamente rimasti al fianco della popolazione etiope in questo momento! Abbiamo chiesto tramite la diplomazia internazionale che il governo etiope garantisca la protezione di tutti gli operatori internazionali presenti in Tigray, apra corridoi umanitari, elimini il blocco delle telecomunicazioni, ci permetta di portare aiuti in natura ed in denaro alla popolazione senza il rischio di essere assaltati da milizie fuori controllo”! Ad oggi, pare che la situazione sia in rapida evoluzione e che la collaborazione per l’aiuto ai civili sia avviata. Speriamo di cuore che il nuovo ospedale della Missione possa rendersi utile a chi è stato ferito o non ha accesso all’assistenza sanitaria di base.
Rassegna stampa di riferimento:
Rai News su esplosioni ad Asmara
Il Giornale del 29/11 sugli italiani in Tigray e sulla Missione di Adwa
Rivista Africa :
articolo del 4/12 sull’allarme per i rifugiati
articolo del 29/11 su fine azione militare e rischio guerriglia
Associated Press su dichiarazioni capo TPLF
BBC su situazione riscontrata dalla Croce Rossa Internazionale all’ospedale di Mekelle
Comunicato (inglese) ONU- UNHCR sull’accordo raggiunto per aprire corridoi umanitari