24 Gen Etiopia: in Tigray si continua a morire di fame. Possibili conflitti e default devastano il Paese. Quando un po’ di pace per il popolo etiope?
L’Etiopia, nazione ricca di storia e cultura, sta attraversando uno dei periodi più bui della cronaca recente. Il titolo di questa tragedia è scritto nel linguaggio della fame, dei conflitti e delle crisi finanziarie: un triste racconto che continua a lasciare il popolo etiope in uno stato di sofferenza costante.
Le notizie che ci arrivano da Adwa rimangono preoccupanti, malgrado sia trascorso più di un anno dal “cessate il fuoco” in Tigray, sancito a Pretoria il 2 novembre 2022 con la firma dell’accordo tra il governo di Addis Abeba e i combattenti della regione.
Fame e Disperazione
La conclusione formale del conflitto non ha portato alla fine dei problemi: attualmente, più di un milione di civili sono ancora sfollati, lontano dalle loro case situate in zone del Tigray ancora occupate, e vivono in campi provvisori, dove necessitano di assistenza sanitaria e aiuto. Secondo le Nazioni unite sono 1,5 milioni gli etiopi del Tigray in emergenza umanitaria. Chi vive nei campi profughi oggi è privo di ogni tipo di reddito e dipende completamente dagli aiuti umanitari.
Nel dicembre 2021, il Consiglio delle Nazioni Unite aveva costituito una commissione ad hoc: l’International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia, per monitorare i crimini e le possibili violazioni dei diritti umani sia da parte dell’esercito federale che dalle milizie del Tigray. Uccisioni di massa, stupri diffusi e sistematici, violenze sessuali, schiavitù sessuale, fame deliberata come arma da guerra, sfollamenti forzati e detenzioni sono solo alcune delle accuse rilevate nel rapporto della commissione, tutti crimini di guerra e crimini contro l’umanità che resteranno impuniti. Il lavoro della commissione è stato a più riprese ostacolato o fermato, a tutt’oggi i dati raccolti sono ancora incerti ma riportano tra i 600.000 e gli 800.000 morti tra i civili di cui il 60% per fame.
Anche la decisione del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (WFP) e dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID) di sospendere il sostegno alimentare al Tigray (a partire dal 20 aprile 2023) ha avuto un impatto devastante su una popolazione già sofferente che vive una crisi acuta di insicurezza alimentare. Nella regione del Tigray il conflitto civile ha cancellato quell’agricoltura di sussistenza che era essenziale per moltissime famiglie. Per due anni è stato impossibile ottenere sementi e fertilizzanti, mentre le milizie occupanti distruggevano le scorte alimentari e i capi di bestiame.
La popolazione è senza forze. I bambini continuano a nascere sottopeso perché le madri sono affette da malnutrizione. Secondo l’ultimo rapporto di PAM, in tutta l’Etiopia 7,4 milioni tra donne e bambini sono malnutriti.
E come se non bastasse, i bambini e le famiglie di tutto il Paese devono affrontare molteplici epidemie. Da agosto 2022, sono stati segnalati più di 25.000 casi di colera (con un tasso di mortalità dell’1,37% – nota 1) . Oltre a 18.899 casi di morbillo, quasi 2,7 milioni di casi di malaria e 12.699 casi di dengue sono stati segnalati dal gennaio 2023. Misure di controllo per le malattie trasmesse dall’acqua e dai vettori sono carenti (fonte: Report UNICEF).
Questo scenario aggraverà gli sfollamenti, l’insicurezza alimentare e la malnutrizione. Il peso di queste crisi ricade sui più vulnerabili, in particolare sulle ragazze e sulle donne, sugli anziani e sulle persone con disabilità.
La situazione umanitaria è gravissima.
L’ospedale Kidane Mehret di Adwa è purtroppo testimone di questa situazione quotidianamente.. Centinaia di pazienti ogni giorno si presentano in condizioni di denutrizione cronica, molti faticano a camminare, mangiare autonomamente. Il nostro personale continua a fare l’impossibile per assistere, curare e trattare tutti coloro che ogni giorno si presentano in condizioni difficili da descrivere.
Di fronte a tanta distruzione e orrore si fatica a trovare le parole giuste per spiegare la reale quotidianità della popolazione di Adwa.
Default finanziario e le sfide economiche
Il dicembre scorso ha segnato un capitolo oscuro nella storia economica dell’Etiopia, poiché lo Stato non è riuscito a pagare il debito pubblico nei confronti dei creditori e ha ufficialmente dichiarato il “default” sui suoi doveri finanziari nei confronti degli investitori. Questa mossa ha suscitato preoccupazioni a livello globale, gettando luce sulla fragilità delle condizioni economiche del paese e aprendo la strada a una serie di sfide che richiedono attenzione e azioni immediate.
Le cause del default dell’Etiopia sono molteplici e complesse. La nazione ha affrontato una combinazione di fattori che hanno minato la sua stabilità finanziaria, tra cui crisi politiche, conflitti interni, e la pandemia di COVID-19. Questi eventi hanno colpito duramente l’economia etiope, rendendo difficile per il governo onorare i propri impegni finanziari nei confronti degli investitori nazionali e internazionali.
L’annuncio del default ha avuto un impatto immediato sull’economia etiope, con una svalutazione della valuta nazionale e un aumento dei tassi di interesse. Le imprese locali sono state colpite, mentre gli investitori internazionali sono stati costretti a riconsiderare la loro fiducia nell’Etiopia come destinazione per il capitale.
Il governo etiope e la comunità internazionale devono collaborare per stabilizzare l’economia del paese, creare un ambiente favorevole agli investimenti e garantire la sostenibilità finanziaria a lungo termine. Il cammino verso la stabilità economica richiede il sostegno solidale della comunità internazionale.
Possibili conflitti
In questo contesto, il governo di Addis Abeba, ritenendosi penalizzato dall’assenza di un accesso diretto al mare, ha firmato il 1 gennaio 2024 un accordo con l’auto proclamato governo del Somaliland, la regione ex colonia britannica dichiaratasi indipendente nel 1991. Tale accordo concederebbe all’Etiopia un contratto di locazione di 50 anni per una base con accesso al porto somalo di Berbera per operazioni commerciali marittime. In cambio, l’Etiopia si impegna a valutare il riconoscimento ufficiale del Somaliland come nazione indipendente.
Ma l’accordo tra l’Etiopia e il Somaliland può causare sconvolgimenti nel Corno d’Africa.
Infatti, il governo di Mogadiscio considera qualsiasi riconoscimento internazionale del Somaliland come un attacco alla propria sovranità e com’era prevedibile, di fronte alla mossa etiopica, ha reagito immediatamente firmando una legge che annulla il memorandum d’intesa siglato tra il governo dell’Etiopia e il Somaliland. La condanna più importante arriva, però, dall’Egitto che ha promesso il suo sostegno alla Somalia.
Com’era altrettanto prevedibile, la Somalia ha incassato anche l’incondizionato appoggio dell’Eritrea a testimonianza del fatto che la tensione nell’area è pericolosamente alta.
In conclusione, la decisione del primo ministro etiope di giocarsi la credibilità interna con una spinta sull’accesso al mare ha già avuto gravi ripercussioni sulla regione e potrebbe fare da catalizzatore per una resa dei conti oltre la regione stessa, che affonda le radici in molteplici problemi irrisolti.
Quando un po’ di pace per il popolo etiope?
La domanda che ci poniamo ora è: quando arriverà un po’ di pace per il popolo etiope? La comunità internazionale e noi tutti siamo chiamati ad agire in modo tempestivo per porre fine alla crisi umanitaria in corso e per sostenere gli sforzi di mediazione per una soluzione pacifica dei conflitti. È essenziale che tutte le parti coinvolte si impegnino in un dialogo costruttivo e che venga data priorità al benessere della popolazione.
Mentre la fame, i conflitti e le crisi finanziarie continuano a devastare il paese, noi guardiamo con speranza a un futuro in cui il popolo etiope possa finalmente godere di un po’ di pace e prosperità.
Nota 1. Ethiopian Public Health Institute, Bacterial Disease Surveillance and Response Weekly Sitrep, 18 October 2023