02 Gen “Nick” raccontato dal suo amico medico
Fernando Gaion è un medico che è entrato a far parte della preziosa squadra dei volontari per l’assistenza medica ad Adwa.
Un importante oncologo italiano con un grande cuore.
Di ritorno dall’Etiopia, ci ha regalato questa toccante testimonianza…
Tornato dall’Etiopia voglio raccontare una delle tante storie che ho vissuto nell’ambulatorio della Missione di Kidane Mehret, dove sono stato ospitato per fare il medico. Non scriverò il nome del protagonista né pubblicherò le sue foto, semplicemente per un atto di rispetto nei suoi confronti. Lo chiamerò Nick.
Era forse il terzo o quarto giorno che mi trovavo lì quando, nel primo pomeriggio, è arrivato Nick, a piedi dopo un cammino che non so quanto lungo, probabilmente da un villaggio sicuramente non proprio vicino. Abbiamo poi saputo che aveva 13 o 14 anni, laggiù non esiste un registro delle nascite e l’età si può spesso solo supporre. Di sicuro ne dimostrava non più di 7 o 8.
Aveva la febbre molto alta, la pancia gonfia e a fatica si reggeva in piedi. Appena l’abbiamo disteso sul lettino si è collassato, eppure riusciva a mantenere uno sguardo vivo e un sorriso stanco ma che ti conquistava il cuore.
Dovevamo capire da dove provenisse la febbre, abbiamo fatto i pochi esami del sangue e delle urine che lì si possono fare e quando, con un po’ di liquidi, la pressione è risalita, gli ho chiesto se potevo fargli una puntura sulla pancia per vedere se dentro avesse del liquido infetto. Ha annuito allargando il suo stanco sorriso, poi mi ha preso la mano che già impugnava la siringa, ma non per respingermi, forse per guidarla o, come mi ha poi detto Sister Laura, solo per sentire un contatto, abituato a non averne forse mai avuto. Abbiamo anche saputo che i genitori sono mendicanti e l’hanno abbandonato al suo destino da parecchio tempo.
Con le cure antibiotiche Nick è riuscito a superare la fase acuta dell’infezione, l’abbiamo ospitato in una stanza della Missione per poter continuare a curarlo, anche se la situazione generale è sempre rimasta critica per la malattia di fondo che lo ha colpito tempo prima, probabilmente un’infestazione che ne ha irrimediabilmente compromesso il fegato. Ogni volta che andavo a visitarlo, mi accoglieva con un sorriso e un abbraccio, con una luce di gratitudine impossibile da descrivere. Mi ha chiesto se poteva aiutarmi nel lavoro e ha cominciato ad accompagnarmi, pur a fatica, nella visita agli altri pazienti ospitati, traducendo in tigrino (la lingua locale) le mie domande in inglese e restituendomi, sempre in inglese, le risposte dei malati. Non è mai andato a scuola, ma capiva l’inglese e riusciva a spiegarsi!
Poi ha anche aiutato Leda al computer, quando accoglieva e registrava i nuovi pazienti!
Quando siamo partiti per l’Italia, mi ha stretto in un abbraccio tanto forte quanto triste.
Ora so che Nick non sta bene, la sua malattia di fondo non gli lascerà scampo e mi viene una gran rabbia pensando che quando si è ammalato la prima volta sarebbero bastate poche pastiglie per guarirlo.
Grazie Nick per i tuoi sorrisi, il tuo aiuto, anche solo per essere ogni giorno nei miei pensieri.