28 Mar Testimonianze dei volontari
I volontari che sono stati ad Adwa possono raccontarvi con occhi nuovi e con il cuore la loro esperienza, che sentiamo preziosa…
«Quando si cammina per Adwa non si può far a meno che pensare al futuro, a come si vorrebbe che fosse. Pensiamo ad un oculista che visita in un ambulatorio moderno e attrezzato. Ad un ottico che produce e distribuisce occhiali, che in Etiopia di fatto non esistono. A chirurghi capaci, all’opera nel nuovo ospedale, che sarà uno spartiacque per l’Etiopia. Ad un Paese dove la forbice delle diseguaglianze sociali progressivamente si riduce, dove chi vive in periferia non è più un emarginato. Dove, anche in campo medico, gli etiopi diventano davvero autonomi.
Quando esci per strada, oggi, in Etiopia, vedi invece un Paese cresciuto, ma per pochi privilegiati. Le tensioni con l’Eritrea le senti nell’aria.
Da quando abbiamo intrapreso questo progetto, il Paese è cambiato molto: nuove case, strade, illuminazione, ferrovie. Ma siamo ben lontani da standard accettabili di vita e di assistenza per tutti.
Per questo attendiamo con ansia l’apertura del nuovo ospedale, che servirà un bacino di più di 1 milione di persone. Intanto non ci fermiamo. Niente è lasciato al caso, vogliamo essere impeccabili perché a chi non ha niente si deve offrire un servizio dignitoso. »
Dott. Sergio Tabacchi – oculista volontario di AMOA
«Tutto comincia per caso. Una sera di luglio 2015 mi capita di fare un viaggio in aereo vicino ad una suora missionaria: Suor Laura Girotto. Parliamo un’ora della sua esperienza in Etiopia. Suor Laura usa un linguaggio diretto, appassionato, implacabile. È il racconto della durezza della regione del Tigray, della povertà della città di Adwa, delle difficoltà di fare partire la missione e la scuola, di trattare con le autorità locali (lei, donna, straniera, di una religione minoritaria), di fare capire ai genitori l’importanza dell’istruzione per i bambini e, soprattutto, per le bambine. Ma è anche il racconto di quanto alla fine è stato possibile costruire. Prima di scendere dall’aereo mi dice: “perché non vieni a vedere con i tuoi occhi?”. Quelle parole mi ronzano in testa per mesi. A dicembre 2015 prendo l’aereo e vado ad Adwa. Quello che vedo è di una potenza tale che mi farà tornare anche nel dicembre 2016 e nel dicembre 2017.
Ho in mente tre piccole storie. Quella di Militè, che forse alcuni di voi ricorderanno nella foto del gennaio 2016, a letto nell’infermeria della missione con il bacino fratturato. Ieri mattina l’ho vista correre in classe – in ritardo! Quella di Brhane, una delle ragazze che vive in missione, che nella foto del gennaio 2017 era bloccata da una bruttissima frattura scomposta a una gamba. Due operazioni e molta riabilitazione dopo, eccola oggi sorridente e cresciuta. E quella di Mesghenna ad agosto scorso, quando suor Laura lo trovò in fin di vita all’ospedale locale (pesava 5 kg a quasi 4 anni), oggi frequenta l’asilo, ha recuperato il suo peso ideale e gioca con i compagni. Irriconoscibile. Tre storie che hanno in comune, in particolare, un aspetto: i bimbi erano stati prima “curati” presso le strutture ospedaliere locali (o ad Adwa o ad Axum) e in tutti e tre i casi quelle strutture avevano combinato veri e propri disastri, peggiorando addirittura le condizioni dei piccoli pazienti. Esami non fatti, esiti male interpretati, insipienza, approssimazione, rassegnazione. Guardando ora questi bimbi penso solo a quanto bene farà ad Adwa il nuovo ospedale. Già oggi la missione fa miracoli con risorse modeste; l’ospedale sarà un salto qualitativo senza precedenti.»
Emanuela Poli – volontaria per il terzo anno ad Adwa
«Ero un ragazzo molto vivace… si può dire un vero bullo. Affrontavo le cose in maniera violenta. Successivamente ho capito che questo atteggiamento era dovuto alla mia grande mancanza di felicità.
Non mi piaceva studiare e ho deciso di dedicarmi al lavoro della terra insieme a mio nonno che mi diceva sempre che “per poter far nascere i frutti, devi potare i rami secchi”. Così ho capito che anche io dovevo potare i rami secchi per poter fruttare e trovare la risposta alla felicità.
Fortunatamente ho incontrato amici che mi hanno fatto esperire l’amore, la tenerezza e la felicità vera…l’amore di Dio che ci ama per quello che siamo.
Ho conosciuto Suor Laura Girotto quando venne a portare la sua testimonianza di missionaria durante gli esercizi spirituali dei Memores Domini di CL. Mentre parlava, ho capito che la presenza di Cristo si testimonia col lavoro quotidiano. Sono rimasto affascinato dall’amore ai poveri e dalla prima ragione che la spinge a fare tutto ciò, ossia l’aver incontrato il Signore.
Così son partito subito per Adwa. La mia vita laggiù è una cosa bellissima perché dimostra che se si lavora insieme nascono i frutti.
Oramai ho capito che la felicità è questa. Cristo lo vedo in azione perché ho incontrato un’umanità diversa. Il segreto della felicità è capire che tutto è amico nella vita.»
Giovanni Marchetti, cooperante ad Adwa nel progetto agricolo