“Tre settimane ad Adwa: il racconto di un amore che cresce” – Testimonianza di Maddalena Drusiani

“Tre settimane ad Adwa: il racconto di un amore che cresce” – Testimonianza di Maddalena Drusiani

Maddalena Drusiani condivide con noi il suo intenso viaggio ad Adwa, partito come un’esperienza di due settimane e trasformato in un legame profondo con la missione e l’ospedale. Tra reparti ospedalieri, scuola e ambulatorio dentistico, Maddalena racconta l’incontro con persone straordinarie e il desiderio di tornare presto. Un’esperienza di servizio, amore e crescita personale, in un luogo dove la vita e la speranza si intrecciano ogni giorno.

 

Scrivere in poche righe quello che ho dentro è impossibile. Dovevo rimanere due settimane, sono rimasta tre, e sto già programmando di tornare per tre mesi. Forse questo è il riassunto di tutto. Adwa e la missione entrano in te, e tu entri in loro.

Ho trascorso i primi giorni rendendomi disponibile per tutto, cercando di entrare nel clima dell’ospedale. Ho aiutato Suor Pauline e Mulu in farmacia a porzionare i farmaci nei sacchettini, sono stata alla nursery sorreggendo mamme che stavano dando alla luce bambini meravigliosi. Dalla gioia nei loro occhi si passava alla disperazione di quelle madri i cui bimbi non ce l’avevano fatta. Qui è così: vita e morte si intrecciano continuamente.

Sempre in ospedale ho visto nascere la futura scuola per infermiere, coordinata da Cecilia, Nadia e Marina, che con una dedizione e una preparazione encomiabile stanno anche organizzando la farmacia.

Poi sono entrata nella realtà della scuola, dai bimbi piccoli seguiti da suor Anna a quelli più grandi con suor Paola. Era il momento degli esami. I ragazzi affrontavano prove di tre anni, di cui due vissuti nella guerra. Giovani che solo ora ricominciano ad avere la forza di studiare e imparare, ragazzi che hanno perso tutto: fratelli, amici, casa, dignità. Eppure qui in missione stanno ritrovando la speranza, il coraggio di credere in una vita migliore.

Poi ci sono i più piccoli. Un nido pieno di splendide creature, tra cui Mario e Michele, salvati a pochi giorni di vita: Mario dal dottor Atzeni in ospedale, Michele trovato abbandonato tra i rovi. Ho conosciuto Marina e Luana, due donne straordinarie, che in tre settimane hanno trasformato la vita di questi due bambini. Ora dormono in una bella casetta all’interno della missione, con una quasi nonna, una bimba stupenda di nome Emanuela e la loro giovane zia. La missione ha creato una famiglia.

 

I giorni passano veloci. Le foto nel cellulare e nel cuore sono migliaia. Comincio a sentirmi una di loro. La mensa, i pasti condivisi, le risate con Antonio, Alberto, il super agronomo Giovanni… Le corse in bajaj, il mercato, le birre al bar, i frullati di avocado, papaia e banana che mai scorderò. E poi a letto, stanchi ma felici, aspettando il giorno successivo.

E quel giorno è arrivato: siamo andati ad Axum a prendere il mitico dottor Rino Zoccarato, odontoiatra, e l’esilarante e bravissimo Matteo, odontotecnico. Con il loro arrivo è iniziato il miracolo. Aiutare loro, cercare di gestire l’ambulatorio, donare sorrisi, carezze e amore. Farlo sempre con il cuore colmo di compassione. Accanto a noi, due assistenti infermiere straordinarie, Alem e Samhar. Abbiamo lavorato tanto e presto i dottori traslocheranno nel nuovo ambulatorio dentro l’ospedale. Sono persone speciali, uniche, e spero con tutto il cuore di poter lavorare ancora con loro!

Ho conosciuto Guido, uno psicologo dall’animo profondo, e Maria Chiara, una chirurga con un cuore immenso, che oltre al lavoro in ospedale ha cercato di conoscere e aiutare chi vive nella povertà più estrema.

I giorni passano e mi rendo conto che non mi manca niente: tre vestiti, un paio di scarpe ormai scolorite, due sciarpe che hanno perso il bianco iniziale e sono diventate rossicce. Questo è il colore di tutto qui: dell’alba, del tramonto, delle strade. Ma mi sento fortunata. Mi mancano gli affetti, ma so che stanno bene, mentre io ho bisogno di questa terra. Delle cuoche che con niente fanno piatti spettacolari e ti abbracciano e ti ringraziano mentre sei tu a dover ringraziare loro.

Qui tutto è fatica, tutto è dolore o problema, ma insieme si cerca sempre di risolvere e credere che tutto andrà bene.

Il mio pensiero va a suor Margery, instancabile, suor Betty e tutte le altre, fino a lei: Leda. Sta mettendo tutta se stessa, tutto il suo cuore per aiutare suor Laura a risolvere i mille problemi che ogni giorno si presentano e trasformarli in progetti, amore e CERTEZZE.

Suor Laura, vado via. Devo andare. Ma in queste tre settimane ho capito cosa il Signore vuole da me: poter, nel mio piccolo, aiutarvi. Essere sempre più una parte di voi. Come dicevi l’altra sera, quando finalmente ti ho vista sorridere: “Sono felice perché qui ci sono, c’erano e ci saranno sempre persone belle. Il mondo è pieno di persone belle.”

Come l’infermiera Alem, che mi ha detto con le lacrime agli occhi: “Mi mancherai… come farò senza di te?”

No, Alem. Sono io che non so come farò senza di te, senza di voi. Perché voi mi avete ridato la vita, la gioia, la speranza.

Grazie, mia amata suor Laura.
Grazie, Amici di Adwa.
Grazie a tutti.

Torno. Torno presto.

Adwa entra in te, e tu entri in Adwa.

Vi voglio bene.

Maddalena